Lunga, faticosa, impegnativa ma, come sempre, bellissima l’esperienza del ritiro spirituale che si è svolto venerdì, sabato e domenica 6, 7, 8 novembre nella Casa di San Gabriele a Roma, in via Trionfale. Un appuntamento, in questa edizione, preceduto da due incontri effettuati mercoledì e giovedì sera, in oratorio per anticipare l’avvio dell’anno pastorale ed entrare già nel clima degli esercizi.
“Dio ci guida al di là di noi stessi”, questo il tema scelto dal parroco Don Domenico per tre giorni di “full immersion” sul nostro rapporto con Dio, con gli altri e la vita. Così dopo le due serate di studio delle figure di Giacobbe e Abramo, già la sera del venerdì siamo entrati nel vivo del ritiro con la recita del Vespro e la lettura della lettera di San Paolo ai Romani e la visione di un video che ci aiutasse tramite didascalie a capire e immergerci nel grande mistero di Dio. Quindi, la Prima Istruzione “Mosè condottiero d’Israele”. E il significato di leadership: “una leadership che ha conosciuto l’entusiasmo e la stanchezza, che si è misurata con un popolo refrattario e ribelle e con un Dio misterioso, il cui progetto di salvezza passava attraverso vie educative imprevedibili e inattese”. Quindi dopo lo studio e la discussione su questa grande guida del popolo d’Israele, la Compieta e l’inizio del grande silenzio, che si è protratto fino all’ora di cena del sabato.
La mattina dopo prima meditazione incentrata sulla figura di Adamo: “La vocazione dell’uomo”. “L’uomo può spalancare la porta a Dio e permettergli di agire in sé e attraverso di sé, oppure può dirgli: “Tu hai fatto in modo sbagliato, io farò a modo io” e sbarrare la porta. L’uomo può accettare l’eredità di Dio o scegliere di darla in pegno ma Dio non se ne va. Perchè Cristo è in ognuno di noi. Non può non esserci. In noi Cristo può vivere o morire –perché quando cerchiamo di ucciderlo Lui patisce in noi lo strazio della morte- ma è immortale, non può morire. Cristo non bussa dall’esterno, bussa dal di dentro di noi”. Dopo la meditazione personale la seconda meditazione: Elia, “Dalla religione alla fede”. Il grande profeta nel suo ministero veicolerà l’immagine di un Dio punitivo e severo, persino spietato nella vendetta. Ma Dio lo attenderà sulla cima dell’Oreb, il monte dei padri, per condurlo da uno zelo fanatico e violento alla vera fede. Ecco il grande traguardo del profeta, come anche del consacrato: passare dalla religione (che è dimensione costitutiva della persona) alla fede (dove si personalizzano i suoi contenuti trasformandoli in vita)”. Nel primo pomeriggio la terza meditazione incentrata sulla figura di Giuda Iscariota, “Libero contro Cristo”. “Giuda ci inquieta. Perché? Ci fa capire (in primis a noi consacrati) che l’essere chiamati da Cristo alla sua sequela non ci garantisce automaticamente nella fedeltà. Si può ostentare anche per lunghi anni un’appartenenza formale al Signore e occultamente essere partigiani del mondo. Nel Vangelo di Giovanni è descritta magistralmente la rovinosa attrazione verso il peccato di Giuda che lo porterà fino alla consegna del Maestro nelle mani delle autorità. Com’è possibile che un discepolo abbia tradito Gesù? Eppure Dio tramite il Figlio risponde all’odio e al tradimento del nemico e lo chiama “Amico”. Come si sarà sentito Giuda?”. Nella quarta meditazione si è parlato di Simon Pietro ovvero “La fragilità costitutiva del discepolo”. Benchè peccatore (arriverà a rinnegare tre volte Gesù) e provando il suo fallimento come discepolo, sperimenta la forza del perdono sanante e salvifico di Gesù. “Perciò Pietro rappresenta tutti noi, è più vicino alla nostra umanità, eppure così vicino a Cristo. Sempre ci conduce a Gesù, ci unisce a Gesù, perché non ha mai permesso alla propria fragilità di separare il suo cuore da Cristo, persino mentre lo rinnegava”. Nella seconda istruzione riflessione a tutto campo su tre figure femminili importanti nella storia della Bibbia: Sara, Rebecca e Rachele, le madri d’Israele, le tre matriarche. “Queste presenze sono portatrici di un capovolgimento nel rapporto interpersonale; non più una vita impostata sull’autoconservazione, ma un’esistenza assunta come responsabilità radicale verso l’altro. Le tre madri del popolo santo interrompono il compiacimento di sé, l’autosufficienza per aprirsi alla vita nelle sue infinite iridescenze”. Giovanni Paolo II nella sua Lettera alle donne del 1995 parlò, non a caso, del “genio femminile”. Domenica mattina invece la quinta meditazione è stata su Maria Maddalena: “L’incontro con il risorto”. “Maria era una donna che prima di incontrare Gesù probabilmente era lacerata profondamente in se stessa, affetta da una sorta di schizofrenia. Dopo l’incontro con quel singolare rabbino, lei torna a vivere. Da quel giorno, da quell’ora non smette di seguirlo. E quando anche su di lei si abbatteranno i giorni oscuri della passione, mentre tutti abbandonano il Maestro, lei, pur schiacciata dall’immenso dolore non fugge, ma rimane assieme all’altra Maria, la Madre, ai piedi della croce”. Durante la suggestiva Celebrazione Eucaristica poi spazio alle riflessioni personali, come sugello di quei tre giorni vissuti intensamente immersi nella Parola di Dio. Non è stata impresa facile fare il commento o peggio la sintesi di che cosa ha rappresentato il ritiro, soprattutto rendere nero su bianco, la ricchezza dei tanti momenti trascorsi insieme oppure nel silenzio. Ma spero apprezziate lo sforzo e la buona volontà che ho fatto di cercare di trasmettere la bellezza e la profondità di così numerose riflessioni che spero ci accompagneranno in questo cammino di fede di anno pastorale.