
Con la Lettera apostolica Porta fidei dell’11 ottobre 2011, il Santo Padre Benedetto XVI ha indetto un Anno della fede. E’ iniziato l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
Quest’anno sarà un’occasione propizia perché tutti i fedeli comprendano più profondamente che il fondamento della fede cristiana è « l’incontro con un avvenimento, con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».
Domandiamoci subito: “Che cos’è, allora, la fede?”. Non so se mi riesce, ma vorrei aiutarvi ad intuire qualche cosa, come l’ho intuita io. Vedete, tutta la nostra vita è intessuta di bisogni, in ogni cosa cerchiamo il nostro interesse, di fronte a uomini e cose, ci domandiamo sempre: “A che cosa ci serve? A che cosa può essere utile? A che cosa mi servi tu? A che cosa mi è utile questo lavoro che faccio? E quanto devo pagare?”. Viviamo quasi sempre dei rapporti commerciali, basati sull’interesse, sull’utile.
Eppure le esperienze più profonde della nostra vita – quando ci sembrava di toccare con mano il fondo stesso dell’esistenza – non le abbiamo vissute quando abbiamo fatto esperienza di gratuità? Molti di voi hanno dei figlioli. Non è vero che, quando avete avuto tra le braccia per la prima volta il vostro bambino, non vi siete domandati a che cosa vi serviva?! Avete soltanto gridato la vostra gioia, il vostro stupore, la vostra meraviglia, per questa vita che avevate tra le mani!
Non v’è capitato qualche volta di fare – anche nell’amicizia o nell’amore, per chi l’ha vissuto fino in fondo – esperienza di gratuità? Quando vi sentivate amati e amavate l’altra persona così com’era non perché vi serviva, al di là del bisogno e dell’interesse, con la sola gioia di condividere la vita, e di donarvi l’uno all’altro!
E non avete qualche volta fatto – anche di fronte alla natura – l’esperienza della bellezza? Di fronte ad un tramonto, di fronte al cielo stellato, di fronte alla grandezza del mare, non vi siete domandati se ne potevate ricavare qualche cosa: vi siete fermati a contemplare! Vi siete stupiti e avete toccato con mano qualche cosa del fondo dell’esistenza! E non è vero che avete considerato un eroe chi aveva saputo vivere non cercando solo il suo interesse – com’è naturale che lo cerchiamo – ma sapendo credere in qualche cosa, portandosi un ideale dentro, per cui vivere ed anche morire? Non avete ammirato chi aveva saputo donare la sua vita per qualcosa di più grande di lui: per la giustizia, per il bene degli altri, per l’amore che si portava dentro? Se queste sono le esperienze più profonde della nostra vita, non è giusto che anche la fede la mettiamo su questo versante? E non è bello per un credente incontrare Dio non a partire dai propri bisogni, dalle proprie debolezze, ma nella gratuità, nello stupore, nell’amore totale? Guardate Gesù: ogni volta che Lo hanno cercato perché volevano dei prodigi, dei miracoli, Lui scappava! Lui ha creduto e amato fino in fondo, anche quando gli è costato la vita! L’unico Dio in cui noi crediamo, è un Dio inchiodato su una croce impotente, inerme non può nemmeno staccare la mano! Gliel’hanno detto, sotto la croce: “Se sei Dio, scendi! E crederemo. Se sei Dio – dicevano quelli che erano crocifissi con Lui – salva te stesso ed anche noi!”. Ma non li ha salvati e non ha salvato se stesso: è rimasto là, inchiodato sulla croce, fedele fino in fondo, in un amore totale. Ed è l’unico Dio in cui noi crediamo. No, non possiamo incontrare Dio in un rapporto commerciale – io ti do questo e tu… – e nessuno può mettersi in mezzo, fra noi e Lui. Io non posso dirvi: “Sì, rivolgetevi a me, e Dio vi farà le grazie che chiedete”. No! Io posso essere – se mi riesce – in mezzo a voi, testimone di gratuità; posso aiutarvi a cercare la luce di Gesù. Perché è la luce che illumina, che trasforma, che fa bella la nostra vita. Avere un briciolo di fede “che sposta le montagne” non significa operare prodigi e miracoli; significa essere capaci di conservare nel cuore la speranza, di continuare a credere nell’amore, nella gratuità, continuare a condividere la vita, a tendere una mano a chi ci sta accanto, a donare un bicchiere d’acqua. Essere capaci di continuare a credere che Gesù ha ragione, che èla Vita! Anche se, come succedeva al profeta Abacuc, le nostre preghiere rimangono inascoltate (Ab 1,2-3).
La nostra fede è fede nella gratuità, è fede nell’amore da cui tutti veniamo, è fede nella luce di Dio, che si è manifestata in Gesù di Nazareth.
Dobbiamo tutti continuare ad essere testimone di speranza, della ricerca di Gesù con cuore sincero, al di là di quello che possa servirci nell’immediato. Allora possiamo dire che non ci sarà solo un anno dedicato alla fede, ma una vita intera.
Buon Anno a tutti.
Don Domenico