ogni lettera che si rispetti inizia così. Ma questa sarà una missiva sui generis perché parlerò di te ora che non ci sei più, ora che sull’altare non sei più seduto accanto al parroco durante la messa e che seppur con un pizzico di fatica, a volte, con passo pesante e claudicante porgevi le ampolline ai ministranti da riporre in sacrestia. Sempre sorridente, non abbiamo mai sentito lamentarti, discutevi e discettavi di fede, religione, di Vaticano come fosse il tuo pane quotidiano e raccontavi, solenne, storie e aneddoti avvenuti all’ombra del Cupolone. Ti immagino dentro la tua libreria di testi sacri, alcuni sconosciuti ai più, eppure allegro e disponibile alla battuta arguta, un commento su ogni cosa, attento e in grado di cogliere il senso pieno della vita. Ci mancherai Mario: sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via, sempre presente fisicamente e moralmente pronto a confortare, a sostenere chiunque te lo chiedesse con semplicità e sincera amicizia; l’unica richiesta immancabile quella di un passaggio fino a casa perché la tua gamba un po’ “ballerina” ti consentiva solo passi piccoli e lenti. Ma non te ne curavi, era più importante non perdere tempo e pregare, stare in chiesa e servire all’altare che recarsi dai medici. E anche l’ultimo giorno, ma certo non potevi sapere che sarebbe stato l’ultimo, eri in strada per raggiungere il treno che ti avrebbe portato a Cerenova a casa tua, tra la tua comunità cui eri tanto legato da antico affetto e solida stima. Un volo, una caduta rovinosa sull’asfalto ed è stato l’inizio della fine. Pochi giorni in ospedale durante i quali abbiamo pregato con fervore, con fede, con convinzione che ce l’avresti fatta: evidentemente il buon Dio, come tu spesso amavi dire, aveva altri progetti per te e così senza un saluto, senza un arrivederci hai tolto il disturbo gettando l’intera comunità nello sconforto e desolazione. Ora però le parole non bastano più: ora è tempo di silenzio, di riflessione, sulla tua e nostra vita, perché ogni morte ci interroga e ci sollecita, perché ogni morte è inopportuna e qualcuna lo è più di altre. Ciao Mario buon viaggio…
Danila