Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde
Oggi la liturgia ci fa leggere l’inizio del racconto del diluvio e la grande tristezza di Dio di fronte alla malvagità degli uomini. Dio è talmente addolorato che pensa di sterminare dalla terra l’uomo che egli stesso ha creato.
Ma contemporaneamente pensa al rimedio: “Noè trovò grazia agli occhi del Signore”, e Dio incarica Noè di costruire l’arca, l’arca della salvezza.
Questa storia, come tante altre dell’Antico Testamento, è figura della storia di Gesù e vi si vede la stessa tattica divina. Per guarire il male universale Dio si serve di una cosa umile e quasi insignificante: un uomo solo, Noè, un’arca. E sarà un nuovo inizio. Altre volte avverrà così nell’Antico Testamento.
Avverrà per il piccolo popolo di Israele: fra tutte le grandi nazioni Dio sceglie un piccolo popolo, che all’inizio non è neppure costituito, e da esso verrà la salvezza del mondo. Anche questa nazione diventa malvagia e il Signore l’abbandona, ma preserva una piccola parte, il regno di Giuda. Anch’esso travia e Dio deve punirlo abbandonandolo, lasciandolo vincere dagli Assiri e condurre in schiavitù. Anche tra di loro però Dio trova dei giusti ed essi saranno l’inizio di un popolo nuovo, umile, culla della salvezza: tra queste poche persone rimaste fedeli a Dio egli fa nascere il suo Figlio. E la stessa tattica continua fino all’estremo, perché si può dire che nella passione di Gesù tutto è diventato malvagio e Gesù stesso è come sommerso dal peccato universale, poiché si è caricato del peccato del mondo e deve scontarlo con la morte. Ma il cuore di Gesù rimane e con questo “piccolo resto” Dio salva tutti e la salvezza si manifesta con la risurrezione di Cristo: Gesù, il solo uomo giusto, salva tutto il mondo. Così Dio agisce.
Nel Vangelo c’è un’allusione a questa tattica divina. Gli Apostoli sono inquieti perché pensano di non aver pane a sufficienza e Gesù li rimprovera: “Non intendete e non capite ancora?”. Dio non ha bisogno di una abbondanza materiale per fare ciò che vuole: quando non c e quasi niente, come nella moltiplicazione dei pani, Dio può realizzare la nostra salvezza. “Non vi ricordate quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, i sette pani per i quattromila?”. Devono comprendere che non è aver molto che importa, ma avere con loro “il pane di Dio”, che è Gesù stesso.
Nella storia della Chiesa è la stessa cosa: opere grandi incominciano nell’umiltà, nella insignificanza delle persone agli occhi del mondo, e Dio ne trae grandi frutti. Chiediamo al Signore di renderci capaci di accettare nella nostra vita anche grandi sacrifici, pur di rimanere uniti a lui e di conservare in noi l’unico Pane, che è Gesù.
Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 8,14-21
In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un pane solo. Allora Gesù li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”.
E quelli dicevano fra loro: “Non abbiamo pane”. Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: “Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?” Gli dissero: “Dodici”. “E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?” Gli dissero: “Sette”. E disse loro: “Non capite ancora?”
Riflessione
• Il vangelo di ieri parlava del malinteso tra Gesù e i farisei. Il vangelo di oggi parla del malinteso tra Gesù ed i discepoli e mostra che il “lievito dei farisei e di Erode” (religione e governo), si era talmente impossessato del pensiero dei discepoli che impediva loro di udire la Buona Novella.
• Marco 8,14-16: Attenzione al lievito dei farisei e di Erode. Gesù avverte i discepoli: “Guardatevi dal lievito dei farisei e di Erode”. Ma loro non capivano le parole di Gesù. Pensavano che lui parlasse così perché avevano dimenticato di comprare il pane. Gesù dice una cosa e loro ne capiscono un’altra. Questo ‘scontro’ era il risultato dell’influsso insidioso del “lievito dei farisei” nella testa e nella vita dei discepoli.
• Marco 8,17-18ª: Le domande di Gesù. Dinanzi a questa mancanza quasi totale di percezione nei discepoli, Gesù pone una serie di domande rapide, senza aspettare una risposta. Domande dure che evocano cose molto serie e rivelano una totale incomprensione da parte dei discepoli. Anche se sembra incredibile, i discepoli giunsero al punto in cui non c’era differenza tra loro ed i nemici di Gesù. Prima Gesù si era rattristato vedendo la “durezza di cuore” dei farisei e degli erodiani (Mc 3,5). Ora, i discepoli stessi hanno il “cuore indurito” (Mc 8,17). Prima, “quelli di fuori” (Mc 4,11) non capivano le parabole, perché “hanno occhi e non vedono, ascoltano, ma non intendono” (Mc 4,12). Ora, i discepoli stessi non capiscono più nulla, perché “hanno occhi e non vedono, ascoltano, ma non intendono” (Mc 8,18). Inoltre, l’immagine del “cuore indurito” evocava la durezza di cuore del popolo dell’AT che si allontanava sempre dal cammino. Evocava inoltre il cuore indurito del faraone che opprimeva e perseguitava il popolo (Es 4,21; 7,13; 8,11.15.28; 9,7…). L’espressione “hanno occhi e non vedono, ascoltano ma non intendono” evocava non solo la gente senza fede, criticata da Isaia (Is 6,9-10), ma anche gli adoratori dei falsi dèi, di cui il salmo dice: “hanno occhi e non vedono, udito e non sentono” (Sal 115,5-6).
• Marco 18b-21: Le due domande sul pane. Le due domande finali si riferiscono alla moltiplicazione dei pani: Quanti cesti raccolsero la prima volta? Dodici! E la seconda? Sette! Come i farisei, anche i discepoli, malgrado avessero collaborato attivamente alla moltiplicazione dei pani, non arrivavano a capirne il significato. Gesù termina dicendo: “E voi ancora non capite”. Il modo in cui Gesù lancia queste domande, una dopo l’altra, quasi senza aspettare la risposta, sembra un taglio. Rivela uno scontro molto grande. Qual è la causa di questo scontro?
• La causa dello scontro tra Gesù e i discepoli. La causa dello scontro tra Gesù ed i discepoli non era dovuta a cattiva volontà da parte loro. I discepoli non erano come i farisei. Anche loro non capivano, ma in loro c’era malizia. Si servivano della religione per criticare e condannare Gesù (Mc 2,7.16.18.24; 3,5.22-30). I discepoli erano buona gente. Non avevano cattiva volontà. Poiché, pur essendo vittima del “lievito dei farisei e degli erodiani”, non interessava loro difendere il sistema dei farisei e degli erodiani contro Gesù. E allora qual era la causa? La causa dello scontro tra Gesù e i discepoli aveva a che fare con la speranza messianica. Tra i giudei c’era un’ enorme varietà di aspettative messianiche. Secondo le diverse interpretazioni delle profezie, c’era gente che aspettava un Messia Re (cf. Mc 15,9.32). Altri, un Messia Santo o Sacerdote (cf. Mc 1,24). Altri, un Messia Guerriero sovversivo (cf Lc 23,5; Mc 15,6; 13,6-8). Altri, un Messia Dottore (cf. Gv 4,25; Mc 1,22.27). Altri, un Messia Giudice (cf. Lc 3,5-9; Mc 1,8). Altri, un Messia Profeta (6,4; 14,65). Ma sembra che nessuno aspettasse un Messia Servo, annunciato dal profeta Isaia (Is 42,1; 49,3; 52,13). Loro non si aspettavano di considerare la speranza messianica come servizio del popolo di Dio all’umanità. Ognuno, secondo i suoi propri interessi e secondo la sua classe sociale, aspettava il Messia, volendo ridurlo alla propria speranza. Per questo, il titolo Messia, secondo la persona o la posizione sociale, poteva significare cose assai diverse. C’era un’enorme confusione di idee! E proprio in questo atteggiamento di Servo si trova la chiave che accende una luce nell’oscurità dei discepoli e li aiuta a convertirsi. Solamente accettando il Messia come il Servo Sofferente di Isaia, loro saranno capaci di aprire gli occhi e di capire il Mistero di Dio in Gesù.