Finchè c’è amore per noi stessi (amor proprio) non c’è slancio verso Dio e perseveriamo nei nostri peccati e imperfezioni. Assai più utile è diffidare di noi stessi ed umiliarci piuttosto che rimanere attaccati alle nostre opinioni. L’amor proprio è principio di ogni disordine, ed è proprio questo spirito di sufficienza, di padronanza, di orgoglio, di indipendenza, di presunzione, che si oppone a tutto ciò che è di divino in noi ed ostacola non solo il cammino di perfezione personale ma anche il cammino comunitario. Per vincere l’amor proprio non c’è altro che praticare l’esercizio dell’umiltà. Solo questa e la conoscenza del nostro niente possono vuotarci di ogni orgoglio, rancore, ambizione e di ogni nostro disordine. Certo, sappiamo quant’è precario mantenerci senza peccato e dobbiamo sempre chiedere aiuto a Dio; è proprio questa umile consapevolezza che costituisce il fondamento permanente del nostro cammino. S. Agostino dice: «Il primo passo è l’umiltà; il secondo passo è ancora l’umiltà, il terzo è ancora umiltà; e per quanto tu chieda io darò sempre la stessa risposta: l’umiltà».
Cari amici, se riflettessimo che tutto ciò che abbiamo è stato ricevuto da Dio e tutto ciò che vi è di buono in noi viene da Dio e quindi non c’è nulla che ci appartenga, di che cosa possiamo vantarci? Allora sarebbe abbastanza semplice considerarci un nulla ed essere umili.
Se desideriamo incontrare Dio, dobbiamo disporci ad attenderlo. Ma è altrettanto vero che la nostra disposizione deve seguire la via che ci ha indicato Gesù: essere miti, umili, pazienti, accettare di soffrire e di riconoscerci peccatori, insomma sentirsi piccoli, bassi e abbietti. Diffidiamo invece delle vie straordinarie alle quali ci può sembrare di essere chiamati; quando si cercano le vie elevate ed alte, non vi è che l’immaginazione che si riempie mentre il cuore resta vuoto; e se ben disposti ad attendere Dio riceviamo delle grazie, è allora che dobbiamo umiliarci profondamente, invece di gonfiarci ed inorgoglirci.
Quindi per edificare una vera comunità, la prima disposizione è essere tanto umili da sentire la necessità di aiuto gli uni degli altri.
Cari amici, sono convinto che solo raggiungendo questo modo di relazionarci potremo divenire uniti e alleati, tali che i non credenti o i diversamente credenti possano riconoscerci come cristiani, testimoniando uno stile di vita che è stato già definito “paradossale” nelle prime comunità. Impegniamoci a controllare il nostro amor proprio, l’unico ostacolo che ci impedisce di vedere che in realtà abbiamo bisogno gli uni degli altri, ognuno con il proprio carisma, con la propria diversità che ci farebbe non solo tanto ricchi ma che farebbe dire di noi: è una comunità paradossale e testimonieremo la nostra scelta di fede e contribuiremo a trasformare il mondo.
«…Perché siamo noi cristiani e non altri, che il Signore nel suo piano di salvezza, ha designato ad assumere le responsabilità di ciò che sarà futuro». (R. Fisichella da “Nel mondo da credenti”)
Glauco Foresta
Vicepresidente del Consiglio Pastorale Parrocchiale