Sabato 14 aprile si è tenuto, presso l’oratorio della Parrocchia san Francesco d’Assisi di Marina di Cerveteri, il ritiro spirituale condotto dalla biblista, dottoressa Anna Maria Corallo, dal titolo “La Comunità”. Divisi gruppi di lavoro si doveva indicare, nella nostra esperienza, quali fossero gli elementi caratterizzanti di una Comunità che funziona e quali quelli di una Comunità che non funziona, ed è così emerso che una Comunità funziona bene quando c’è ACCOGLIENZA, RICCHEZZA DELLA RELAZIONE, LIBERTA’, SPIRITUALITA’, TOLLERANZA E CONFRONTO, mentre funziona male quando c’è POCA COMUNICAZIONE, EGOISMO, MASCHERE, DIVISIONE, GIUDIZIO, NON METTERSI IN GIOCO. A questo punto della riunione viene introdotta la figura di Tommaso (Gv 20, 19-29). “Siamo nel primo giorno dopo il Sabato”, appena dopo che Maria di Magdala aveva avuto l’apparizione di Gesù Risorto. In questo contesto viene posto in evidenza come la Comunità sia costruita sulla paura (di cosa fare, di quello che gli altri diranno, ecc.), collante più forte dell’Amore perché la paura è più certa; (si fa l’esempio dei fidanzati quando hanno paura di essere se stessi, il coraggio di essere se stessi, così come fare o dire ciò che si pensa). Perché i discepoli stanno chiusi nella paura? I discepoli non vogliono credere; non gli è bastata la testimonianza di Maria di Magdala. L’evento tomba vuota è la novità ma resta la paura dei Giudei, di fare la stessa fine del Maestro. La Comunità, in questo caso, è il luogo abitato dal Maestro Risorto, la certezza della presenza, quando al centro c’è Gesù. Qual è quindi il centro della Comunità? E’ utile considerare come la porta della tomba è sventrata nella risurrezione, mentre per i discepoli, chiusi nel cenacolo, è di legno. E’ come il detto: “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”; c’è sempre una differenza tra Gesù e i discepoli, con Lui che è in cammino e mantiene la promessa. Cosa era accaduto nei versetti precedenti? (Gv 14,18) Giuda Taddeo che interroga Gesù e gli chiede: “Com’è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?” I discepoli erano responsabili ma Gesù ha il difetto di voler coinvolgere sempre gli altri. Per questo dice: “Pace a Voi!”(Shalom); Lui tradito e abbandonato ritorna in questa Comunità, sta nel mezzo (come tra due croci, piuttosto che quando vogliono lapidare la peccatrice), si mette in gioco e vuole che ci mettiamo in gioco anche noi. Altra riflessione. Come sia importante riconoscerlo nelle piaghe: per questo la qualità di una Comunità si riconosce nella capacità di riconoscere le piaghe degli altri. In Gesù, Dio vuol dimostrare che quando accogli l’altro nelle piaghe accogli il Risorto (“dalle tue piaghe siamo stati guariti”),quindi accogliere gli altri nel loro limite. La forma più alta dell’Amore è quella che ama la ferita, accogliendo il limite proprio e degli altri( Cosa mi sta ricordando il fratello di me?), perciò il nucleo fondamentale è la conoscenza di sé. Dio in Gesù di Nazareth è capace di soffrire perché è capace di amare, di sentimenti profondi e i discepoli vedendolo piagato e ferito lo riconoscono. Perciò il primo punto che definisce l’esistenza di una Comunità è che al centro ci sia Gesù, relazione chiamata ad una realtà più alta; Dio quando ci ha creati ci ha impresso nel cuore che siamo destinati a crescere nelle relazioni. Per questo ci vuole pazienza con noi stessi, con gli altri, entrando nel circuito della pazienza: se una relazione non ci rende migliori, dobbiamo migliorarci nella relazione. Gesù dice: “Pace a Voi!” (Gv 20,21) Shalom in ebraico vuol dire compimento, realizzazione. Noi siamo inviati ad annunciare questa presenza agli altri ma se non abbiamo fatto esperienza di Gesù, dove vogliamo andare? La Comunità è investita dal Risorto che include, abbraccia, accoglie, fa ricominciare; è il luogo del Perdono, l’accoglienza che devo fare agli altri e a me. Dio ha voluto parlare ai discepoli, a tutta la Comunità non agli Apostoli. Quindi viene evidenziato dalla dottoressa Corallo come il Sacramento della Riconciliazione arriva tardi, il perdono sacramentale avviene diversi secoli dopo che Gesù è morto e risorto, infatti nei primi tempi i peccatori erano allontanati dalla Comunità. E’ solo dall’VIII sec. circa che viene introdotto il Sacramento della Riconciliazione. Perciò i membri della Comunità diventano essi stessi strumenti di perdono, riconciliati con gli altri e i tratti caratteristici della Comunità stessa si vedono per il perdono che si dà non solo per le molteplici attività che si svolgono. Ecco dunque che viene analizzata ancora la figura di Tommaso (vv.24 e 25) dove ripetutamente gli viene riferito tutto l’accaduto ma è come se mancasse la fiducia nella Comunità (come ad esempio uno che ruba e gli altri non sono stati capaci di aiutarlo): se uno sbaglia è colpa di tutti. In una Comunità dove Tommaso non ha fiducia sottolinea come il gruppo dirigente abbia dei problemi e la Comunità ne soffra tutta; per questo anche quando Gesù dice “uno di voi mi tradirà” è un giudizio sulla Comunità, cioè Giuda ha sbagliato ma la Comunità dov’era? Quindi se le cose in una Comunità non vanno bene è lecito chiedersi il perché! E’ stato analizzato poi un altro aspetto: il perdono capace di attivare processi di riconciliazione, di dialogo, di ascolto. Ogni membro della Comunità si deve sentire responsabile di quello che succede; cercare di sostenere, cercare di conciliare. E’ vero che il processo di Riconciliazione dura una vita, non facendo finta di niente bensì rilanciando positivamente; come Gesù che non risponde sempre, ma lascia che si formino e crescano le domande dentro di noi. <<Dio percorre delle strade che non sono le nostre, anche davanti a relazioni scollate, fallimenti, silenzi, attraverso la pedagogia dell’attesa, non il tutto e subito, per educarci al desiderio; la sapienza dell’attesa – ha concluso nella sua interessante relazione la biblista Corallo, già presente in questa parrocchia in altri esercizi spirituali.- E’ pur vero che Gesù cede, al Suo tempo, alla richiesta di Tommaso anche se poi non c’è scritto che Tommaso esaudisca la sua richiesta ma risponde con una delle testimonianze più alte di tutto il Nuovo Testamento quando riconosce Gesù come Dio, superando l’aspettativa di risposta. Beati quelli che sanno fare pace con le contraddizioni della vita, che cercano la strada della Riconciliazione! E’ l’Amore di Dio che si manifesta>>. Infine difronte a un’immagine riproducente il quadro del Caravaggio dove è rappresentata la scena dell’incontro tra Gesù e Tommaso si evidenzia come Gesù non si sottrae alle nostre curiosità più morbose per farci crescere verso nuovi limiti, dove la Sua rivelazione è nell’inevidenza. <<Per questo lo potremo vedere nei gesti dei fratelli, nelle piaghe della Comunità e saremo beati se non avremo la prova provata, in uno spazio di crescita da compiere. Perciò la volontà di Dio è che noi siamo compiuti nell’Amore, (scegliendo come viverlo)>>. In un processo di Amore eterno la volontà è una strada da scegliere!
Giuseppe Mele