+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 5,31-47
Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza.
Riflessione
• Giovanni, interprete di Gesù. Giovanni è un buon interprete delle parole di Gesù. Un buon interprete deve avere una duplice fedeltà. Fedeltà alle parole di colui che parla, e fedeltà al linguaggio di chi ascolta. Nel vangelo di Giovanni, le parole di Gesù non sono trasmesse letteralmente, bensì sono tradotte e trasposte al linguaggio della gente, delle comunità cristiane del primo secolo, lì in Asia Minore. Per questo motivo, le riflessioni del vangelo di Giovanni non sono sempre facili da capirsi. Poiché in esse si mescolano le parole di Gesù e le parole dell’evangelista stesso che rispecchia il linguaggio della fede delle comunità dell’Asia Minore. Per questo, non basta lo studio erudito o scientifico di Gesù. E’ necessario tenere in noi anche il vissuto comunitario della fede. Il vangelo di oggi è un tipico esempio della profondità spirituale e mistica del vangelo del discepolo amato.
• Illuminazione reciproca tra vita e fede. Qui vale ripetere ciò che Giovanni Cassiano disse nei riguardi della scoperta del senso pieno e profondo dei salmi: “Istruiti da ciò che noi stessi sentiamo, non percepiamo il testo come qualcosa che abbiamo solo udito, ma come qualcosa che abbiamo sperimentato e tocchiamo con le nostre mani; non come una storia strana ed inaudita, ma come qualcosa che diamo a luce dal più profondo del nostro cuore, come se fossero sentimenti che fanno parte del nostro essere. Ripetiamolo, non è la lettura (lo studio) ciò che ci fa penetrare nel senso delle parole, bensì la propria esperienza acquisita precedentemente nella vita di ogni giorno” (Collationes X,11). La vita illumina il testo, il testo illumina la vita. Se, a volte, il testo non dice nulla, non è per mancanza di studio o per mancanza di preghiera, ma semplicemente per mancanza di profondità nella propria vita.
• Giovanni 5,31-32: Il valore della testimonianza di Gesù. La testimonianza di Gesù è vera, perché lui non si auto-promuove, né esalta se stesso. “Un altro dà testimonianza di me”, cioè il Padre. E la sua testimonianza è vera e merita di essere creduta.
• Giovanni 5,33-36: Il valore della testimonianza di Giovanni Battista e delle opere di Gesù. Anche Giovanni Battista dette testimonianza a Gesù e lo presenta alla gente come l’inviato di Dio che deve venire a questo mondo (cf. Gv 1,29.33-34; 3,28-34). Per questo, anche se è molto importante la testimonianza di Giovanni, Gesù non dipende da lui. Lui ha un testimone a suo favore che è più grande della testimonianza di Giovanni, e cioè, le opere che il Padre compie per mezzo di lui (cf Gv 14,10-11).
• Giovanni 5,37-38: Il Padre dà testimonianza a favore di Gesù. Anteriormente, Gesù aveva detto: “Chi è di Dio, ascolta le parole di Dio” (Gv 8,47). I giudei che accusavano Gesù non avevano la mente aperta a Dio. Per questo, non riescono a percepire la testimonianza del Padre che giunge loro attraverso Gesù.
• Giovanni 5,39-41: La scrittura stessa dà testimonianza a favore di Gesù. I giudei dicono di aver fede nelle scritture, però in realtà, loro non capivano la Scrittura, poiché la Scrittura parla di Gesù (cf. Gv 5,46; 12,16.41; 20,9).
• Giovanni 5,42-47: Il Padre non giudica, ma affida il giudizio al figlio. I giudei si dicono fedeli alla Scrittura di Mosè e, per questo, condannano Gesù. In realtà, Mosè e la scrittura parlano di Gesù e chiedono di credere in lui.
Giovedì della IV settimana di Quaresima
Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Viola
La lettura dell’Antico Testamento ci mette in guardia dalla tentazione di cercare il vitello d’oro, la divinità visibile e palpabile fatta su misura per noi. La lettura del Vangelo secondo Giovanni esige che noi crediamo in Gesù Cristo. Il fondamento della nostra fede è la testimonianza dell’Antico e del Nuovo Testamento. Testimonianza della verità che non si può apprendere né provare scientificamente, e neppure codificare in una legge. Gli Ebrei del tempo di Gesù avevano l’Antico Testamento, ma non capivano le parole di Mosè su Gesù. Avevano davanti ai loro occhi i miracoli compiuti dal profeta di Nazaret, ma i miracoli possono essere interpretati in molti modi. Bisogna credere per capire il loro contenuto. Gesù desiderava convincerli per dar loro la vita.
Molti credettero in lui, ma gli eruditi e gli anziani lo rifiutarono. E noi, come interpretiamo il Vangelo? Crediamo veramente alla testimonianza di Dio Padre in Gesù di Nazaret? Crediamo che egli è il Verbo di Dio, il Messia atteso? Non abbiamo mai visto Dio, ma abbiamo le parole di Gesù Cristo. Esiste il Verbo di Dio in noi? E noi, esistiamo in Gesù Cristo? Forse ci si può rimproverare di non aver ricevuto Gesù e i suoi messaggeri, mentre riceviamo qualunque passante che arriva con la sua teoria (teoria a volte strana) perché è interessante, alla moda, esotica, o perché lo scetticismo che essa comporta si presta all’edificazione della nostra gloria…? A volte semplicemente ci vergogniamo di credere e di cercare di incontrare Dio nell’antico cristianesimo. Preghiamo per il dono della fede, della speranza e della carità, per vedere in Gesù il Figlio di Dio e per essere a nostra volta trasformati in figli di Dio, divinizzati nell’unione con il Figlio Unigenito.
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Prima lettura | ||||
Es 32,7-14 Desisti dall’ardore della tua ira. |
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Salmo responsoriale | ||||
Sal 105 | ||||
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Gv 5,31-47 Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. |
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IL SANTO DEL GIORNO
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I santi del 04 Aprile 2019
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Sant’ ISIDORO DI SIVIGLIA Vescovo e dottore della Chiesa – Memoria Facoltativa
560? – 4 aprile.636
Ultimo dei Padri latini, Isidoro di Siviglia (560-636) fu molto letto nel Medioevo, soprattutto per le sue «Etimologie», un’utile “somma” della scienza antica. Fu però soprattutto un vescovo zelante preoccupato della maturazione culturale e morale del clero spagnolo. Per questo motivo fondò un collegio ecclesiastico, prototipo dei futuri seminari, dedicando molto spazio della sua laboriosa giornata all’istruzione dei candidati al sacerdozio. Dei suoi fratelli due furono vescovi e…
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San BENEDETTO IL MORO Religioso
San Fratello (Messina), 1526 – 4 aprile 1589
Copatrono – con santa Rosalia – della diocesi di Palermo, Benedetto Manassari nacque a San Fratello (Messina) nel 1526 da genitori discendenti di schiavi africani. A 21 anni entrò in una comunità eremitica e visse sul Monte Pellegrino. Quando Pio IV sciolse la comunità, passò ai Frati minori. Visse 24 anni nel convento di Santa Maria di Gesù a Palermo come cuoco, superiore, maestro dei novizi, infine ancora cuoco. Morto nel 1589 è santo dal 1807. (Avvenire)…
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San VITTORE DI BARCELLONA Vescovo e martire
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