+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,34-9,1
Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
• Il vangelo di oggi parla delle condizioni necessarie per seguire Gesù. Pietro non capisce la proposta di Gesù quando parla di sofferenza e di croce. Pietro accetta Gesù Messia, ma non Messia sofferente. Dinanzi all’incomprensione di Pietro, Gesù descrive l’annuncio della Croce e spiega il significato della croce per la vita dei discepoli (Mc 8,27 a 9,1).
• Contesto storico di Marco: Negli anni 70, quando Marco scrive, la situazione delle comunità non era facile. C’era molta sofferenza, c’erano molte croci. Sei anni prima, nel 64, l’imperatore Nerone aveva decretato la prima grande persecuzione, uccidendo molti cristiani. Nel 70, in Palestina, i Romani stavano distruggendo Gerusalemme. Negli altri paesi cominciava a profilarsi una tensione enorme tra giudei convertiti e giudei non convertiti. La difficoltà maggiore era la croce di Gesù. I giudei pensavano che un crocifisso non poteva essere il Messia, poiché la legge affermava che qualsiasi crocifisso doveva essere considerato un maledetto da Dio (Dt 21,22-23).
• Marco 8,34-37. Condizioni per seguire Gesù. Gesù trae le conclusioni che valgono per i discepoli, per i cristiani del tempo di Marco e per noi che viviamo oggi: Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua! In quel tempo, la croce era la pena di morte che l’Impero romano attribuiva agli emarginati. Prendere la croce e seguire Gesù voleva dire, in definitiva, accettare di essere emarginato dal sistema ingiusto che legittimava l’ingiustizia. La Croce non era frutto del fatalismo della storia, né esigenza del Padre. La Croce è la conseguenza dell’impegno liberamente assunto da Gesù per rivelare la Buona Novella di Colui che è Padre e che, quindi, tutti devono essere accettati e trattati da fratelli e sorelle. Per questo annuncio rivoluzionario, lui fu perseguitato e non ebbe paura di dare la propria vita. Non c’è prova maggiore che dare la vita per il proprio fratello. Subito dopo Marco inserisce due frasi separate dal testo.
• Marco 8,38-9,1: Due frasi: un’esigenza ed un annuncio. La prima (Mc 8,38), è l’esigenza di non vergognarsi del vangelo, ma di avere il coraggio di professarlo. La seconda (Mc 9,1), è un annuncio sulla venuta o la presenza di Gesù nei fatti della vita. Alcuni pensavano che Gesù sarebbe venuto dopo (1Ts 4,15-18). Ma di fatto Gesù era già venuto ed era presente nelle persone, soprattutto nei poveri. Ma loro non se ne rendevano conto. Gesù stesso aveva detto: “Ogni volta che hai aiutato il povero, il malato, il senza tetto, il carcerato, il pellegrino, ero io!” (cf. Mt 25,34-45)
Per un confronto personale
• Guadagnare la vita o perdere la vita; guadagnare il mondo intero o perdere l’anima; vergognarsi del vangelo o professarlo pubblicamente. Come avviene questo oggi nella mia vita?
Venerdì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde
Di nuovo le due letture si illuminano a vicenda. Ambedue ci mostrano l’istinto di conservazione, l’istinto di dominare, di soggiogare gli altri. Sono istinti naturali, che l’uomo ha in comune con gli animali e che sono profondamente radicati in lui. Parliamo tanto di personalità, di sviluppo personale, di realizzazione di noi stessi, e spesso si tratta proprio di voler salvare la propria vita”, come dice Gesù. E quello che vogliono gli uomini di Babele. “Costruiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo”: vogliono conquistare anche il cielo, conquistare anche Dio. “E facciamoci un nome”: è l’istinto di affermazione di se stessi.
il Signore però non può accettare che questo avvenga, proprio perché è contrario alla vocazione dell’uomo. Volendo salvare la propria vita, l’uomo la perde; per salvarla è necessario perderla, rinnegare anziché affermare se stesso. Tutti vogliamo affermare noi stessi e non ci è facile capire che la vera affermazione dell’uomo sta nel perdersi. Perché? Perché siamo chiamati all’amore e l’amore non può esistere senza un rinnegamento di sé. L’amore è sempre accettazione dell’altro, apertura all’altro; non è conquista, ma umile e fiducioso aprirsi e ricevere.
Dio dunque non vuole che gli uomini “si facciano un nome”, non può accettare di essere conquistato. Un dio che può essere conquistato è un idolo, e se gli uomini hanno soltanto un idolo sono perduti; se invece si aprono a Dio nella umiltà e nel rinnegamento di sé, trovano il vero amore a cui sono chiamati: “Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”.
Voler salvare la propria anima, cioè la propria vita, non è una preoccupazione egoistica, proprio perché è fondata sull’abnegazione, al seguito di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
Gesù ci ha dato l’esempio: non ha conquistato orgogliosamente il cielo, ma si è abbassato; non ha innalzato se stesso, ma si è umiliato: “Spogliò se stesso” scrive san Paolo ai Filippesi, “umiliò se stesso. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome (“Facciamoci un nome!” dicevano gli uomini a Babel) che è al di sopra di ogni altro nome”. Così Gesù ci ha insegnato la via del perdersi per amore, l’unica via per salvare la nostra vita.
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Prima lettura | ||||
Gen 11,1-9 Scendiamo e confondiamo la loro lingua. |
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Salmo responsoriale | ||||
Sal 32 | ||||
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Mc 8,34-9,1 Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. |
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IL SANTO DEL GIORNO
www.santiebeati.it
I santi del 17 Febbraio 2017
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Santi SETTE FONDATORI DELL’ORDINE DEI SERVI DELLA BEATA VERGINE MARIA – Memoria Facoltativa
sec. XIII-XIV
Intorno al 1233, mentre Firenze era sconvolta da lotte fratricide, sette mercanti, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della beata Vergine, legati tra loro dell’ideale e…
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San BENEDETTO DI DOLIA Vescovo
† Cagliari, 17 febbraio 1120 ?
www.santiebeati.it/dettaglio/91414
San FLAVIANO Patriarca di Costantinopoli
m. Lidia (Asia Minore), 449/450
Fu ordinato sacerdote a Costantino