In un incontro avuto luogo nel mese di ottobre, Don Domenico, ha commentato questa lettera che ora pubblichiamo, scritta da lui per l’inizio dell’anno Pastorale 2023/2024.
Sono convinto che tutti siamo chiamati a rinnovare l’azione pastorale, senza restare chiusi nel semplice ripetere le medesime cose, ragionamenti e azioni, in modo da far crescere in tutti noi, radici molto profonde e di assoluta essenzialità; le riflessioni che propongo per questo anno pastorale che stiamo per iniziare, in modo molto schematico sono frutto diuna riflessione che cerco di portare avanti da molti anni. Il rinnovamentopastorale della Chiesa esige oggi, secondo me, uno sforzo notevole, molto più sulla linea dell’essere che dell’operare e atutti i livelli nella Comunità del popolo di Dio, su base piccola(diversi gruppi parrocchiali) e su base più vasta. Mi sembra indispensabile e urgente operare in cinque ambiti di conversione.
1. Un primo ambito è la povertà. Oggi come singoli e come Comunità siamo troppo dipendenti dalle strutture e dagli strumenti che costano, mentre Gesù ci chiede una povertà sincera senza compromessi, ce ne ha dato l’esempio fin dalla sua nascita, in una stalla! Oggi si spende volentieri e ci si appoggia troppo sui mezzi, sulle cose, dalla ricerca di una esagerata eleganza nelle manifestazioni ad un’esagerata funzionalità o originalità nella costruzione di chiese, cappelle, saloni, oratori, fino all’eccessiva dispendiosità delle iniziative pastorali. Occorre un reale, visibile maggior distacco dal denaro nella vita pastorale.
2. Il secondo ambito è molto vicino alla povertà ed è l’umiltà. In quello che facciamo, siamo molto condizionati dai risultati, dalla riuscita dei “nostri” progetti, dal trovarci in prima fila, dall’essere riconosciuti, accettati, stimati. Gesù ci chiede l’umiltà, la mitezza, e l’umiliazione, come le ha vissute lui stesso. Nella Chiesa è ora di abolire le onorificenze di ogni ordine e grado, sia quelle proclamate, sia quelle cercate; se vogliamo essere gli ultimi e più piccoli, per essere grandi nel regno dei cieli. Il Vangelo lo prendiamo sul serio “tutto”, o facciamo distinzioni tra una pagina e l’altra? È Cristo che salva. E Lui si serve dei “piccoli” e dei “deboli”.
3. Terzo ambito è l’unità, per la quale Gesù ha supplicato insistentemente (ben cinque volte Gv.17) nella preghiera sacerdotale. Non penso tanto a fratture e opposizioni all’interno della Chiesa, quanto al diffuso individualismo per cui ciascuno, persona o gruppo o comunità o parrocchia o diocesi… lavora volentieri per proprio conto; la fraternità, la comunione e la comunicazione, in senso non solo di rapporti esterni ma prima ancora di “concordia dei cuori e delle menti” sono dono e dovere di ogni cristiano, da mettere in prima linea nei nostri progetti e propositi.
4. Il quarto ambito riguarda la dimensione missionaria intesa non tanto come “azione” missionaria (pur necessaria sia in terra di missione sia nelle nazioni di tradizione cattolica) quanto come “atteggiamento spirituale” interiore di annunzio, di esplosione della nostra fede, di attenzione ad avvicinare, ascoltare, dialogare con tutti coloro, che sappiamo fuori o ai margini della fede o della Chiesa. Anche le nostre programmazioni, o semmai, di espansione o sviluppo ma al di dentro delle strutture esistenti. Dobbiamo ritornare ad usare i verbi “uscire”, “andare”, “condividere”.
5. Infine l’ultimo ambito che dovrebbe comprendere tutti i precedenti, è quello relativo alla croce come essenziale partecipazione all’essere e all’operare di Cristo. La Croce non è un di più, non è un facoltativo, ma è la sorgente della grazia redentrice. San Paolo dice di sapere solo Gesù e Gesù crocifisso (2Cor. 2,1-3). Quando ci sentiamo sotto il peso della croce dobbiamo credere che Gesù sta camminando con noi; ma se ci sentiamo troppo sicuri, a posto, tranquilli c’è da dubitare che qualcosa non funzioni nella nostra vita e testimonianza cristiana.
Ecco allora in conclusione progettare, scrivere nuovi itinerari di fede per tutti noi, vorrà dire: offrire al nostro piccolo (quello ristretto vicino a noi) o grande mondo (quello più ampio e universale) alla politica, alla cultura, all’economia, alla Chiesa stessa quale siamo e alle singole persone, ricchi e poveri, dotti o meno dotti, un’immagine palpabile e credibile di Cristo. Questa trasmissione dell’immagine di Cristo dobbiamo farla sia come singole persone, come credenti e impegnati, sia come Comunità, e, anche, come Chiesa tutta: è questo, e non altro, “il programma” che vi propongo, su cui tutti possiamo confrontarci e riflettere.
È Gesù che deve emergere, non tanto dalle nostre parole, quanto dalla nostra vita, dal nostro modo di relazionarci, di amare, di accogliere, di ascoltare, di soffrire. Si tratta di una sfida, sempre antica, ma sempre nuova, ma che si gioca nell’intimo della coscienza di ciascuno.
Chiedo scusa di questa carrellata alquanto veloce su realtà troppo importanti. Ma qui comincia il compito di ciascuno; io stesso ho esitato a scrivere queste righe. Non avrei dovuto limitarmi a guardare dentro di me? Eppure, qualche volta bisogna anche fare la fatica di esprimersi, di confrontarsi, alla ricerca di quelle strade che meglio possono veicolare il messaggio evangelico della salvezza. A tutti consegno questi pensieri e invito l’intera Comunità Parrocchiale a farsene carico e a vivere intensamente secondo i preziosi doni di ciascuno.
Don Domenico