Senza il contributo delle donne, la storia del Cristianesimo sarebbe stata ben diversa. È la constatazione che alcuni anni fa Benedetto XVI fece durante un’udienza generale. Nazareth e Magdala, Assisi e Siena, Avila e Lisieux, e l’elenco potrebbe continuare in lungo nella storia e in largo nella geografia. Anche a un orecchio con poca dimestichezza delle cose di Chiesa i nomi di queste città suggeriscono abbastanza facilmente un rimando ad altri nomi e volti. Maria la “beata fra le donne” e la Maria redenta da un amore più grande del suo passato. La Chiara “sorella” spirituale del “Giullare di Dio” e la Caterina analfabeta che parlò ai re e spronò i Papi. La Teresa grande contemplativa e la Teresa della “piccola via”.
Cosa ne sarebbe stato della Chiesa senza loro e senza le altre migliaia, straordinarie figure di donna, sante note o sconosciute, che da duemila anni testimoniano Cristo? Una domanda che non ha mai lasciato dubbi a Benedetto XVI:
“La storia del Cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne. Per questo, come ebbe a scrivere il mio venerato e caro predecessore Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Mulieris dignitatem, ‘la Chiesa rende grazie per tutte le donne e per ciascuna…
Donne, madri, laiche o religiose. Benedetto XVI nel 2010 dedicò alle figure femminili del Medioevo cristiano catechesi indimenticabili. E non si è risparmiato quando la figura della donna, in tempi decisamente più recenti, è stata gradualmente risucchiata da certe, come ebbe a dire, “correnti culturali e politiche che cercano di eliminare, o almeno di offuscare e confondere, le differenze sessuali iscritte nella natura umana considerandole una costruzione culturale”:
“È necessario richiamare il disegno di Dio che ha creato l’essere umano maschio e femmina, con un’unità e allo stesso tempo una differenza originaria e complementare”. (Discorso per i 20 anni della Mulieris Dignitatem, 9 febbraio 2008)
E nemmeno si è risparmiato, Benedetto XVI, nel denunciare quei luoghi e quelle culture dove, ha detto…
“…la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell’industria del consumo e del divertimento”.
Ricordare la donna, quindi, ricordare la festa dell’8 marzo, vuol dire questo per i cristiani e la Chiesa: “Riflettere sulla condizione della donna e a rinnovare l’impegno, perché sempre e dovunque ogni donna possa vivere e manifestare in pienezza le proprie capacità ottenendo pieno rispetto per la sua dignità”.