La Parola, la Bibbia
La Chiesa è fatta di persone illuminate dalla sua luce, perche né ascoltano la PAROLA, vedono la propria CECITA’, gridano a Lui, invocano la sua misericordia, aprono gli occhi sul suo volto e lo seguo nel cammino (Mt 20,29-34).
La Chiesa, se cerca salvezza dalle proprie opere, sa che non ha più nulla a che fare con Cristo: è decaduta dalla grazia (Gal 5,4). I Cristiani, consci di essere stati salvati per Grazia (Ef 2,5), deponendo asprezza, sdegno, ira clamore, maldicenza e ogni genere di malignità sono benevoli gli uni con gli altri: si fanno vicendevolmente grazia come Dio li ha graziati in Cristo (Ef 4,31) .
San Paolo si rivolge agli Efesini come a fratelli, figli come lui di Dio, e fratelli di ogni altro uomo. È questo l’invito pressante a una relazionalità fraterna e quindi all’insegna della benevolenza, della misericordia e del perdono.
Ecco, nella vita quotidiana, soprattutto all’interno della famiglia e della comunità, quel che più urge è proprio la capacità di perdonare: il caso delle piccole offese, delle incomprensioni, delle grossolanità, della maleducazione, o anche solo di stanchezza e nervi tesi.
Il rimedio è proprio quello indicato dall’apostolo: ricordarci che anche il nostro debito è stato cancellato, il Signore ha perdonato e continuerà a perdonare i nostri peccati che sono offese al suo amore infinito e santo.
B – Magistero Chiesa, deposito della fede
“La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come fatto per il corpo stesso del Signore, non mancando mai, soprattutto nella Sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio sia del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli” (Dei Verbum, 21).
E la solenne affermazione del Concilio Vaticano II: proclamazione di un’esperienza sempre viva, professione di fede, riaffermazione di un compito e di un impegno.
“ Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il Vangelo”, (Sacrosanctum Concilium, 33)
Risuona con forza l’interpellanza di Paolo VI: “Che né e oggi di questa energia nascosta della Buona Novella, capace di colpire profondamente la coscienza dell’uomo?” (Evangelii nunziandi, 4).
Non c’è vera evangelizzazione se non in un atteggiamento di continua conversione, già̀ da parte di chi evangelizza.
La parola “evangelizzazione” significa l’insieme di tutte le attività̀ mediante cui gli uomini sono condotti a partecipare al Mistero di Cristo: annuncio della parola, vita di preghiera, testimonianza della carità̀, celebrazione dei sacramenti.
La comunicazione del Vangelo avviene attraverso la parola, l’opera e la vita, intimamente connesse tra loro. Il primato della Parola si traduce nella richiesta di una fede adulta: personale, matura; è da una fede così che scaturisce un sistema di valori e atteggiamenti, che diventa l’arma più̀ potente di cambiamento: il Popolo di Dio protagonista della realtà̀ “Chiesa”, ma anche della sua Missione.
C – Frutti positivi già in atto
“Ogni albero buono produce frutti buoni” (Mt 7,17).
Questo l’ha detto Gesù parlando di chi accoglie in modo retto e vitale la parola di Dio. Ecco allora i frutti vari e abbondanti che in virtù della Parola si sono prodotti e si vanno manifestando.
- Il più evidente e l’importanza che ha assunto la Bibbia nelle celebrazioni (Eucarestia, sacramenti, la preghiera dei salmi, stile biblico nella predicazione, vi è un luogo proprio per la Parola, l’Ambone, nuova ministerialità: Lettore, o ministeri di fatto e servizio di animazione della liturgia, come quello di salmista, di commentatore e di cantore).
- Rinnovamento della vita consacrata, nuovi progetti educativi della preparazione agli ordini sacri, i modelli di vita presbiterali sono fortemente ancorati ad una riscoperta della centralità della Bibbia.
- E’ facile riscontrare nelle parrocchie come nelle varie aggregazioni, un genuino amore per la sacra Scrittura, compresa come Parola di Dio. Esiste un’iniziazione di molti al libro sacro, tramite una rete diffusa di vie formative, con un’evidente crescita culturale, spirituale e pastorale.
- Molti praticano la lectio divina, scuola della Parola, o esperienze incentrate sulla Scrittura.
- Uno spazio specifico e ampio è assicurato alla sacra Scrittura nello studio della teologia, nei cammini formativi della catechesi e nell’insegnamento religioso nella scuola.
- Vi è una pubblicazione e dunque traduzione ufficiale della Bibbia in lingua Italiana per l’uso liturgico nella Chiesa italiana (Bibbia CEI).
- L’esercizio della carità, il dialogo ecumenico e la tensione missionaria di gruppi e comunità proprio dal Vangelo di Gesù attingono linfa vitale inesauribile.
- Possediamo strumenti di lavoro biblico abbondanti. In particolare i nuovi catechismi per la vita cristiana sono esemplarmente ispirati dalla Scrittura.
- Anche i mezzi di comunicazione cominciano a farsi carico di una trasmissione della Bibbia più ampia e genuina.
In sintesi abbiamo un radicale e interiore senso della fede, attinta alla sorgente della parola di Dio; la cosciente affermazione e assunzione del primato della Parola di Dio nella vita e missione della Chiesa (Lc24,31-32); la promozione di un più sollecito cammino ecumenico sostenuto dalle Scritture (Conc. Vat. II Unitatis redin-tegratio, 21).
D- Aspetti carenti
Confessando che “la parola di Dio e viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio (…) e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb4,12), dobbiamo umilmente ammettere di non essere sempre all’altezza del dono che Dio ci fa con la sacra Scrittura.
- La Bibbia è tra i libri più diffusi nel nostro paese, ma e anche forse tra i meno letti.
- I fedeli sono ancora poco stimolati a incontrare la Bibbia e poco aiutati a leggerla come parola di Dio.
- Ci sono persone che vogliono conoscere la Bibbia, ma spesso non c’e chi spezza loro il pane della Parola.
- L’incontro diretto è ancora di pochi, così che l’accostamento alla Scrittura pare riservato ad alcune élite, a movimenti e associazioni dotate di particolari mezzi.
- Il libro sacro non sembra essere a disposizione di ogni cristiano, secondo le sue capacita.
- L’esigenza di una sua buona attualizzazione e assai spesso disattesa, riducendosi a così superficiali ed estrinseche giustapposizioni tra parola Biblica ed esperienza umana.
- Presbiteri e diaconi, ministri della predicazione e della Parola, non sempre si mostrano adeguati al compito.
- Catechisti e animatori pastorali non sono sufficientemente preparati per una buona comunicazione della Bibbia.
- Spesso viene a mancare, o e troppo scarso, quel clima di silenzio, interiore ed esteriore, che solo può favorire la preghiera, la riflessione e il discernimento, grazie al quale alla luce della Bibbia si riconoscono i segni dello Spirito di Dio nel mondo, nella storia e si sanno riportare esperienze e problemi umani nel vasto progetto della storia della salvezza che La Bibbia testimonia.
Possiamo domandarci per approfondire maggiormente: se talora una certa prassi di lettura corrisponda alla fede della Chiesa.
- Trascuratezza delle elementari esigenze esegetiche, con la conseguenza di una pericolosa caduta in biblicismi distorti. In particolare fa difficolta una lettura “fondamentalista” della Scrittura, che rifiutando di tener conto del carattere storico della rivelazione biblica, si rende incapace di accettare pienamente la verità della stessa incarnazione.
- Approccio superficiale al libro sacro, inteso come prodotto di consumo e di moda, realizzato talora in modo ambiguo, come accade quando si vuol cogliere la parola di Dio aprendo mate-rialmente a caso la Bibbia, e non permeato ultimamente dall’ascolto della fede e da un genuino discernimento.
- Lettura della Bibbia attuata secondo lo spirito che ne ha la Chiesa e, dunque, ignorandone o sottovalutandone la vivente Tradizione dottrinale, liturgica e di vita. Di qui ha origine la fatica a far sintesi tra Scrittura e catechismo, tra esperienza biblica e liturgica, come pure la povertà biblica di tante omelie e spesso la carente motivazione evangelica nell’esercizio della carità.
- Fragilità di una frequentazione che rischi di apparire più fatto personale e gratificazione soggettiva che partecipazione alla forza evangelizzante della Parola.
Tutte queste sono ombre che non annullano, ma certamente appesantiscono il fervore per la bibbia che è già viva tra noi e che lo Spirito intende far crescere ed estendere, poiché il destino della Parola e che “Si diffonda e sia glorificata” (2Ts 3,1).
E – DAL FONDAMENTO BIBLICO ALLA PRASSI PASTORALE
Se la speranza è proiezione e prassi del messaggio cristiano, dobbiamo con rammarico affermare che, molte delle nostre parrocchie non sono comunità, poiché hanno sposato più la logica della rassegnazione che quella dell’impegno e dell’annuncio, scaturito dalla resurrezione di Gesù. Apatia, indifferenza e rassegnazione sono peccati mortali, perche sono peccato contro la speranza e, quindi, contro il contenuto completo della nostra fede: Cristo morto e risorto.
Se, quindi, la rassegnazione e la negazione della resurrezione di Cristo, e necessario che si esca da questo processo di addormentamento, ridonando la fiducia nel senso della vita. In altri termini, e fondamentale che tutta la comunità parrocchiale, non si schieri né dalla parte della cultura dell’immagine dell’apparire, né della parte di chi intende ottenere tutto con la forza.
Per questo bisogna contrastare lo spirito del nostro tempo, che favorisce spettacolo e immediatezza. Bisogna avere il coraggio di lavorare nei tempi lunghi della formazione e privilegiare la crescita dell’uomo interiore.
Si potrebbe suggerire:
- Ascolto della Parola “attento” al testo per non deformare il messaggio e correttamente interiorizzarlo.
- A una celebrazione dell’Eucarestia sobria e intensa, equilibrata tra i diversi elementi.
- A una decisa scelta della parrocchia che sola assicura la dimensione popolare, corale della fede, ma anche il radicamento nel territorio a partire dall’Eucarestia.
- A una presenza viva e operosa delle aggregazioni in relazione con la parrocchia.
- A effettivi discernimenti comunitari, senza mai ridurre i laici a manovalanza utile per i presbiteri.
- Alla semplicità e bellezza della tradizione cristiana della visita, soprattutto a chi soffre, ma anche a chi gioisce.
- A un impegno per la giustizia e per la pace che sia manifestazione della vera volontà di Dio sulla storia, leggendo i segni dei tempi, cercando linguaggi che riflettano sempre la logica delle Beatitudini e vigilando su elementi spuri.
In altri termini una parrocchia diventa comunità di speranza, se s’impegna a liberare dalle vecchie e nuove schiavitù tutti quelli che vivono situazioni di disagio. Bisogna, perciò, superare la paura di schierarsi dalla parte di tutti coloro che chiedono di uscire dai tunnel dove attualmente si trovano. Per compiere questo passaggio i testimoni della Chiesa della speranza non devono sentirsi minoranza ed essere contraddetti sul campo.
C’e una parte della comunità parrocchiale che attende delle risposte urgenti: è la Chiesa dei disperati. Non praticano le assemblee liturgiche, non si preoccupano di vivere cristianamente il matrimonio, preferiscono convivere o aspettare migliori sistemazioni economiche, non s’interessano dei giovani pasticciati o dei poveri, eppure dicono di credere in Gesù, unico e solo approdo d’Amore.
La parrocchia che diventa comunità di speranza e s’incontra dinanzi al tabernacolo, nelle stazioni a portare conforto ai senza fissa dimora, nell’accogliere le ragazze madri, nell’essere accanto ai bambini di strada, nelle periferie, nell’impegno ad educare tutti, piccoli e grandi della Fede.
La parrocchia-comunità, infatti, si costruisce su due grossi pilastri.La Comunione e la Missione.
La Comunione determina la Missione e questa non si può realizzare se non si vive la fraternità.
Siamo per questo chiamati a spiegare da testimoni e a lavorare instancabilmente per eliminare quell’indifferentismo che si sta celermente metastatizzando anche in tante famiglie che si dicono cristiane.
La Parrocchia è chiamata a esprimere il profilo di una Chiesa viva, non intimorita dalle difficoltà, non mortificata dalle battute di arresto, non frustrata dall’esiguità numerica di certi risultati, non ripiegata su lamentazioni inutili; una Chiesa che non attenua la difficolta oggettiva sul piano psicologico e strutturale, a individuare vie di rinnovamento autentiche ed efficaci.
Anche se non ci si nasconde, con disincantata lucidità, il rischio che la spinta missionaria sia percepita come eccezionale … un evento limitato nel tempo e nello spazio.
Di fronte a tale difficoltà affiora e a volte serpeggia, la tentazione di una pastorale di conservazione: rassegnata (e la tentazione di ritirarsi lontani dalla cultura contemporanea, l’esilio della fortezza in cui sono preservate – così si pensa – le antiche sicure ve-stigia); o aggressiva (è la forma di crociata per la riconquista della società civile in cui si coltiva il mito della cristianità perduta).
Una pastorale che non ama l’uomo che incontra e che si propone alla modernità, la sola via del rinnegare se stessa; o pragmatico–organizzativa (è la rimozione dei problemi reali immergendosi nel vortice di mille iniziative e attività).
La sensazione di disagio non sorprende; al contrario. Siamo di fronte ad una situazione inedita, per la quale nessuno e in grado di offrire ricette d’immediata e facile realizzazione. E, tuttavia, il passo dei credenti non risente affatto della stanchezza che il peso di duemila anni di storia potrebbe portare con se; i cristiani si sento-no piuttosto rinfrancati a motivo della consapevolezza di recare al mondo la luce vera: Cristo Signore.
Una comunità di persone che devono partire o ripartire dal battesimo dove c’è stato fatto dono di diventare: “Sacerdoti, Re e Profeti”; per questo protesi verso un’educazione della vita affettiva libera e responsabile. Una comunità aperta al mondo e accogliente nei confronti dei prediletti di Dio: i poveri.
Una comunità aperta al comunicare e a evangelizzarsi per evangelizzare, e finalmente una comunità che fa crescere cristiani adulti e cittadini responsabili.
La Chiesa di nient’altro si vanta,
se non della Croce (Gal 6,14):
ha capito la “Gloria”,
anche se sempre è insidiata
dalla vana-gloria
.