+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 7,21.24-27
Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli.
Riflessione
• Il vangelo di oggi narra la parte finale del Discorso della Montagna. Il Discorso della
Montagna è una nuova lettura della Legge di Dio. Inizia con le beatitudini (Mt 5,1-12)
e termina con la casa costruita sulla roccia.
• Si tratta di acquisire la vera saggezza. Una fonte di saggezza è la Parola di Dio
espressa nella legge di Dio. La vera saggezza consiste nell’udire e praticare la Parola
di Dio (Lc 11,28). Non basta dire “Signore, Signore!” L’importante non è dire belle
parole su Dio, bensì fare la volontà del Padre e quindi essere una rivelazione del suo
amore e della sua presenza nel mondo.
• Chi ascolta e pratica la parola costruisce la casa sulla roccia. La solidità della casa non viene dalla casa in sé, ma bensì dal terreno, dalla roccia. Cosa significa la roccia? È l’esperienza dell’amore di Dio rivelatosi in Gesù (Rom 8,31-39). Ci sono persone che
praticano la parola per poter meritare l’amore di Dio. Ma l’amore non si compra, né si
merita (Cnt 8,7). L’amore di Dio si riceve gratuitamente. Mettiamo in pratica la Parola
non per meritare l’amore, ma per dire grazie per l’amore ricevuto. Ecco la buona
terra, la roccia, che dà sicurezza alla casa. La vera sicurezza viene dalla certezza
dell’amore di Dio! È la roccia che ci sostiene nei momenti di difficoltà e di tempesta.
• L’evangelista termina il Discorso della Montagna (Mt 7,27-28) dicendo che la
moltitudine rimase ammirata dall’insegnamento di Gesù, poiché “lui insegnava con
autorità, e non come gli scribi”. Il risultato dell’insegnamento di Gesù è la
consapevolezza critica della gente nei riguardi delle autorità religiose dell’epoca.
Ammirata e grata, la gente approvava gli insegnamenti belli e diversi di Gesù.
San Francesco Saverio
Grado della Celebrazione: Memoria
Colore liturgico: Bianco
Ripensiamo al ministero apostolico di san Francesco Saverio, per ammirare il dinamismo che lo animò sempre.
San Francesco Saverio fu mandato nelle Indie, come dire, allora nel 1542 all’estremità del mondo, dove si arrivava con viaggi lunghissimi e pieni di pericoli. Subito si diede all’evangelizzazione, ma non in un solo posto, bensì in numerose città e villaggi, viaggiando continuamente, senza temere né intemperie nè pericoli di ogni genere. E non si accontentò delle Indie, che pure erano un campo immenso di apostolato, che sarebbe bastato per parecchie vite d’uomo. Egli era spinto dall’urgenza di estendere il regno di Dio, di preparare dovunque la venuta del Signore e così, dopo appena due anni, giunge a Ceyfon e poi ancora più lontano, alle isole Molucche. Torna in India per confermare i risultati della sua evangelizzazione, per organizzare, per dare nuovo impulso all’opera dei suoi compagni, ma non vi rimane a lungo. Vuoi andare ancora più lontano, in Giappone, perché gli hanno detto che è un regno molto importante, ed egli spera che la conversione del Giappone possa influire su tutto l’Estremo Oriente. E in Giappone riprende i suoi viaggi estenuanti, estate e inverno, sotto la neve, con fatiche estreme. Torna dal Giappone, ma il suo desiderio lo spinge verso la Cina. Ed è proprio mentre tenta di penetrare in questo immenso impero che muore nell’isola di Sanchian nel 1552.
In una decina di anni ha percorso migliaia e migliaia di chilometri, malgrado le difficoltà del tempo, si è rivolto a numerosi popoli, in tutte le lingue, con mezzi di fortuna. Tutto questo rivela un dinamismo straordinario, che egli attingeva nella preghiera e nella unione con il Signore, nella unione al mistero di Dio che vuole comunicarsi.
Anche Gesù, per venire in mezzo a noi, ha superato una distanza infinita: ha lasciato il Padre, come dice il Vangelo giovanneo, per venire nel mondo. E nel suo breve ministero di tre anni ha continuato questo viaggio: si spostava continuamente, non aspettava che la gente andasse da lui, ma percorreva città e villaggi per annunciare la buona novella del regno.
E ora? Ora, se si vuole che Gesù venga, bisogna agire nello stesso modo: non aspettare che gli altri vengano da noi, ma andare noi da loro.
San Francesco Saverio ha dovuto fare viaggi enormi, è continuamente andato verso gli altri, sospinto dall’urgenza di preparare dovunque la venuta del Signore, e in questo modo ha preparato la venuta del Signore in se stesso. Dopo essersi estenuato, dopo aver speso tutte sue forze, la sua intelligenza, il suo cuore, egli riceveva il Signore a tal punto che lo supplicava di limitare un po’ le grazie di cui lo inondava.
suo viso era radioso, il suo cuore fremeva, si dilatava: egli aveva seguito in pieno l’ispirazione che il Signore gli aveva dato e per questo il mistero di Cristo si rinnovava nel suo intimo. Andare agli altri, senza aspettare che siano essi a venire: ecco la missione della Chiesa, la missione di ogni cristiano, ognuno nella sua situazione concreta. Se vogliamo che il Signore venga a noi, noi dobbiamo preparare la sua venuta negli altri, dobbiamo andare da loro, corrispondendo al dinamismo della misericordia divina.
È questa la rivelazione del Nuovo Testamento, che completa quella dell’Antico: la rivelazione di una misericordia che si diffonde, sempre più lontano.
Accogliamo la rivelazione di questo dinamismo dell’amore che viene da Dio: se vogliamo ricevere Cristo in noi dobbiamo essere pronti a portarlo agli altri, seguendo questo movimento che ci porta sempre fuori di noi stessi, verso gli altri con grande amore.
E questo l’insegnamento che ci viene dalla vita di san Francesco Saverio, in modo impressionante. Per ricevere l’amore di Dio bisogna trasmetterlo, per riceverlo di più bisogna averlo dato agli altri molto fedelmente, molto generosamente. Domandiamo al Signore la grazia di corrispondere davvero al desiderio del suo cuore.
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Prima lettura | |||
Is 26,1-6 Entri una nazione giusta che si mantiene fedele. |
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Salmo responsoriale | |||
Sal 117 | |||
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Mt 7,21.24-27 Chi fa la volontà del Padre mio, entrerà nel regno dei cieli. |
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