Il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili
di Gian Guido Vecchi
Francesco parla ai vescovi italiani e compie un altro passo nella rivoluzione copernicana che fin dall’inizio ha indicato alla Chiesa italiana: all’assemblea della Cei, riunita sul tema del «rinnovamento del clero», il Papa indica a modello il sacerdote che «non ha un’agenda da difendere» ma «si fra prossimo di ognuno», ha uno «stile di vita semplice ed essenziale» che lo rende credibile ed è «attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi». E parla tra l’altro anche della «gestione delle strutture e dei beni economici, sillabando: «In una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio».
Cambiamento d’epoca
Il discorso del Papa era molto atteso, specie dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili. Francesco non ne ha fatto riferimento, confermando ciò che aveva detto il 17 febbraio, di ritorno dal Messico, ai giornalisti che in aereo gli chiedevano del dibattito in corso: «Prima di tutto, io non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione che ho avuto coi vescovi italiani, a maggio del 2013, una delle tre cose che ho detto è stata: «Con il governo italiano, arrangiatevi voi». Perché il Papa è per tutti, e non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa. E quello che penso io è quello che pensa la Chiesa, e che ha detto in tante occasioni. Questo non è il primo Paese che fa questa esperienza: sono tanti. Io penso quello che la Chiesa sempre ha detto». Francesco, in termini generali, ha fatto riferimento all’ambiente nel quale un sacerdote, oggi, si trova ad operare: il contesto culturale è molto diverso da quello in cui ha mosso i primi passi nel ministero. Anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d’epoca». Ma proprio questo cambiamento deve spingere il sacerdote a farsi prossimo di chi è in difficoltà: «Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero, quante persone incontriamo che sono nell’affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c’è più posto per il fratello».
Vita semplice
Francesco invita i vescovi ad avvicinarsi «quasi in punta di piedi, a qualcuno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità» e dice: «Lasciamo che il volto di uno di loro passi davanti agli occhi del nostro cuore e chiediamoci con semplicità: che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi?». Così il Papa invita a guardare a quel prete «scalzo» che condivide sofferenze del prossimo, non ha agende e «non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza». È «estraneo alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità», e «non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici, che portano a confidare nell’uomo; nel ministero per sé non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno, né è preoccupato di legare a sé le persone che gli sono affidate». Così, prosegue Francesco, «il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili, in una carità pastorale che fa liberi e solidali. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione. È un uomo di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi».
Ideale evangelico
Il sacerdote che Bergoglio indica a modello ai vescovi, insomma, è «colui che vive per il Vangelo ed entra così in una condivisione virtuosa: il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive… In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità». Anche se i tempi sono difficili, che se nessuno lo ringrazierà per ciò che fa, andrà avanti: perché «ama la terra, che riconosce visitata ogni mattino dalla presenza di Dio».
Il saluto di Bagnasco
Prima dell’intervento, il presidente della Cei Angelo Bagnasco si è rivolto al Papa con un saluto che suona come una rassicurazione: «Padre Santo,sappiamo quanto il nostro popolo guardi a noi, alla nostra missione di primi annunciatori dell’amore di Dio e di pastori che sono chiamati ad avere a cuore ognuna delle persone e delle comunità affidate alla nostra cura pastorale. È una responsabilità che intendiamo portare insieme, offrendo a tutti testimonianza di fraternità e di unità: entrambe saranno rafforzate dalla condivisione di queste giornate».
«Uno Stato laico deve rispettare le coscienze»
In un’intervista al quotidiano cattolico francese «La Croix», il Papa interviene invece sulle relazioni Stato-Chiesa. A una domanda sui matrimoni gay e eutanasia, riferita alla Francia, Bergoglio sottolinea che «tocca al Parlamento discutere, argomentare, spiegare, ragionare». Poi Francesco aggiunge: «una volta che la legge è approvata, lo Stato deve rispettare le coscienze. In ogni struttura giuridica, l’obiezione di coscienza deve essere presenta perché è un diritto umano. E questo vale anche per un funzionario del governo, che è una persona umana. Lo Stato deve anche rispettare le critiche». Secondo il Papa, in sostanza, «uno Stato deve essere laico. Gli Stati confessionali finiscono male. Vanno contro la storia», ma, conclude con una «piccola critica» alla Francia, bisogna stare attenti a non «esagerare con la laicità». (Corriere della Sera)